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denza di pensieri; al qual diletto nessuno potrà essere
superiore, se non se il ragionamento degli amanti felici.
Tale era adunque il piacevole conforto dei colloquj
nell albergo di Eutichio, che, quasi fresca pioggia negli
ardori estivi, rattemprava alquanto l animo, non piú di-
sperato, benché ancora misero, della fuggitiva ospite.
Ricoverati pertanto nelle interne abitazioni, giocarono
agli astragali non già di nulla, ma di somma né vergo-
gnosa a vincersi dagli amici, né spiacevole a perdersi; e
mentre che alcuni erano a ciò intenti, Nomofilo vieppiú
desideroso di ragionare con Saffo, si collocò presso di
lei; onde guardandolo furtivamente gli altri senza amara
gelosia, sorridevano per lo nascente di lui amore. Euti-
chio intanto non si opponeva agli urbani colloquj; e
nondimeno (siccome amico di Scamandronimo, ed
esperto delle umane passioni) non tralasciava di osserva-
re con giudiciose pupille i progressi di quella inclinazio-
ne. Ma non sembrava spandersi quel ragionamento oltre
i confini della sociale indifferenza, perché Saffo non vi
prestava maggior attenzione di quanta era conveniente
per dissipare le cure dell animo; quindi piacevole insie-
me ed urbana deviava le proteste del giovane con vere-
condia, senza ammetterle o escluderle, trattenendo il di
lui animo, siccome vapore sopra l aura leggiera. Questo
industre modo, con cui l amabile fanciulla manteneva,
con espressioni indeterminate, il colloquio fra il disin-
ganno e la lusinga, pungeva vieppiú il cuore di lui, e co-
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Letteratura italiana Einaudi
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me brace scossa gli suscitava piú vivo l ardore. Ma te fe-
lice, o Saffo, se avessi potuto ascoltare con diletto le se-
ducenti proteste di Nomofilo, e gustare quelle parole
che penetrano cosí facilmente ne petti giovanili, perché
tu non potevi al certo ritrovare né piú candido né piú
sommesso amante di lui! Ma il tuo misero cuore pene-
trato dal primo dardo, era per gli altri invulnerabile; on-
de sventuratamente annojandoti del sincero amante vici-
no, deliravi per lo ritroso e fuggitivo.
Omai molte stelle, mentre ch essi ragionavano, si era-
no nascoste dentro il mare, lentamente volgendosi intor-
no al Polo, onde si congedarono gli ospiti, e l ultimo fu
Nomofilo. Egli era come l ape, che mentre succhia un
dolcissimo fiore mosso da Zefiro, non se ne stacca, ma
seco lui va all aura ondeggiando. Pure alla fine anch egli
partí augurando lieta notte sí a lei che ad Eutichio, ma
non la sperando per sé medesimo, siccome quegli che
seco già portava nel cuore la irrequieta veglia di amorosi
pensieri.
CAPITOLO II
il colloquio notturno
Rimase pertanto Eutichio con lei, e sembrava che il si-
lenzio notturno e la tranquilla solitudine invitassero gli
animi loro a conversare con fiducia maggiore che nel tu-
multo del giorno; onde dopo breve pausa, cosí a lui ri-
volta, disse la donzella: «Io ho meco stessa considerato
sovente nel decorso di questa giornata, in cui tu cosí lie-
tamente, come suoli, hai vissuto, donde mai accade che
tu soggiorni in questa solitudine, posciaché non senza
qualche a me ignota cagione tu l hai anteposta alla città,
dove potresti vivere splendidamente. Io non ho ardito
interrogarti qual sia quella che è tua patria, di modo che
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posso dire per verità che di te so il piú e non il meno;
mercé che pienamente ammiro la tua umanità, la tua
virtú, e conosco i pregi tutti dell animo tuo, quantunque
ignori i casi tuoi, e qual sia la terra che avendo tali citta-
dini, crederò, senza errare, felicissima regione». «Tu ve-
di però», disse Eutichio, «che a me tale non sembra, po-
sciaché non vi soggiorno». «Al certo», rispose Saffo, «la
patria degli uomini, come tu sei, altra non può essere
che l universo». «Non credere», aggiunse Eutichio, «che
io nauseato di Siracusa (la quale, poiché brami saperlo, è
la mia patria), io mi sia determinato di vivere in queste
solitudini, senza il concorso di qualche contrario evento;
e però due crudeli nemici per un sensibile e liberale ani-
mo mi fecero ne tempi giovanili aspra guerra, di modo
che oppresso dalle urbane cure per molto tempo sconsi-
gliatamente tollerate, depurandosi alla fine l intelletto
colle vicende e col tempo, ho risoluto di giungere alla
non lontana meta del corso fugace dell umana vita, di-
menticando il passato, credendo mio il presente ed il fu-
turo de Numi». «Oh te veramente felice», esclamò
Saffo; «perché non poss io esser partecipe della tua cal-
ma! Ma quali furono que nemici di cui or ora hai ragio-
nato?». Rispose Eutichio: «L amore e la tirannia. Perché
tu dei sapere (e cosí dicendo si assise in faccia di lei, che
attentamente lo ascoltava) che io vidi al mio tempo libe-
ra la patria, e quindi sommessa allo scettro del tiranno,
la cui stirpe tuttora conservala in servitú. Io colla miglior
parte de cittadini tentammo in quelle rivoluzioni di tra-
smettere a nostri posteri quella stessa forma di repub-
blica che gli antenati avevano stabilita col sangue loro;
ma, siccome avviene, languendo le antiche virtú, e cor-
rotta ogni disciplina, a poco a poco fu piú grato il servi-
re ne vizj che l esser libero nella temperanza; e quindi
fu del tutto inefficace la magnanimità di pochi a riscuo-
tere il letargo di molti. Che se nelle storie veggiamo che
gli ottimi cittadini tentarono di sanare talvolta i mali del-
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la patria inferma, come i chirurghi, coll amputazione, io
però, venerando la fama di coloro che intrapresero cosí
illustre opera, mi tolsi dalla ingrata vista di quelle igno-
miniose vicende, non per vile desiderio della vita, ma
per principj moderati di saggia, a quello ch io penso, e
vera filosofia. Imperocché quando sia oppressa la libertà
in modo che non rimanga altro mezzo di farla risorgere,
se non una congiura, e manifesto dalla esperienza ch es-
sa non produce mai, o quasi mai, migliore effetto che il
sacrificio d ogni reliquia de buoni, il trionfo de malvagi
e la conferma della tirannia. La moltitudine non secon-
da il progetto valoroso, e rifiuta un dono che piú non
apprezza, cioè la libertà: i ricchi amano piú le loro so-
stanze che la patria, né per lei vogliono esporle a rivolu-
zioni pericolose: i magnati divengono strumenti neces-
sarj nel Governo dispotico, e però loro piace piú della
eguaglianza repubblicana lo splendore della monarchia;
di modo che per consenso di tutte le parti sarebbe tardi
ogni rimedio alla mortale infermità; e chi pensa altri-
menti, vedrebbe negli effetti che questi magnanimi pen-
sieri non producono se non gloriose perturbazioni. Ma
non si deve tralasciare di aggiungere anche questa consi-
derazione, che i buoni sono rari sempre, e però non me-
no fra i partigiani della libertà ve ne sono di quelli che
nient altro desiderano se non di tentare miglior fortuna
nelle violenti rivoluzioni; perloché ponderando e il debi-
to mio verso la patria, e il debito della patria verso me,
siccome di lei figliuolo, vidi che tal madre, già vecchia
inferma e ridotta in vile servitú, non intendeva i bene-
ficj, né poteva esser grata; adunque l abbandonai ago-
nizzante, e scelsi invece di lei per mia patria questo cielo
stellato, questo mare e quest aura a tutti comune, sotto
l imperio giusto ed invariabile del Nume che abita un
tempio cosí degno di lui». Mentre proferiva tai parole, si
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